I sentieri oggi percorsi da escursionisti , fino a qualche decennio fa erano una via sicura per i contrabbandieri di caffe e tabacco , chiamati in gergo gli spalloni, uomini che per poche lire mettevano in gioco la propria vita, valicando le frontiere con qualsiasi condizione meteo.
“Ninna nanna, dorma fiöö... / El tò pà el g'ha un sàcch in spàla / e 'l rampèga in sö la nöcc... /Prega la löena de mea fàll ciapà /prega la stèla de vardà in duvè che 'l và / prega el sentèe de purtàmel a cà...”
Così canta Davide Van de Sfroos descrivendo uno delle storiche attività caratteristiche delle valli di confine fino a qualche anno fa. E la premessa è necessaria per capire questo percorso. Poiché la conca dell’Alpe Veglia viene chiusa con l’arrivo delle prime nevi a causa delle pareti scoscese che sovrastano la principale via di accesso, ho deciso che le ultime uscite autunnali saranno dedicate alle salite dall’Alpe. Così il venerdì mi faccio un programma con tre opzioni differenti sia per lunghezza che per destinazione e fatica. Sabato mattina parto all’alba, anzi un po’ prima, per non perdermi le prime luci del giorno, e quando manca una manciata di minuti alle sette lascio la macchina al parcheggio di Ponte Campo. Durante il viaggio ho deciso che salirò al Bivacco Farello, incastonato nella roccia poco sotto la bocchetta di Aurona, fra il Breithorn (con la “e”, che quello con la “a” sta in Vallee) e la punta di Terrarossa, che deve il suo nome alla colorazione delle roccia che la compone. Il bivacco Farello dovrebbe essere la meta meno faticosa di quelle che avevo a disposizione. Dovrebbe… Salgo tranquillo lungo la stessa stradina che ho percorso la scorsa settimana, senza incontrare anima viva, accompagnato solo dal rumore del torrente Cairasca che scorre poco sotto di me. L’aria è frizzante, ci sono una dozzina di gradi di temperatura. Il sole se ne sta seminascosto dalle cime circostanti. Qualche nuvola qua e là, le previsioni davano bello. Speriamo che “ci inzertino”. Arrivato all’imbocco della piana il sole in alto illumina le vette circostanti, tingendole di un colore caldo, rosato. Seguo le indicazioni per la Bocchetta di Aurona che mi fanno passare per la frazione di Aione. Ci sono due sentieri, entrambi verso la bocchetta: uno passa alla destra del torrente rimanendo un poco più basso, l’altro sale prima e passa alto sul fianco della valle, offrendo un panorama migliore. Io ho percorso il secondo perché mi sono inoltrato in un boschetto di larici, nella speranza di incontrare qualche animale selvatico e mi sono perso. Sono quindi andato avanti a vista, fino a che non ho ritrovato il percorso battuto.
Il sentiero non è difficile, è segnato abbastanza bene e dove non è segnato è molto evidente. Alle mie spalle vedo la Punta della Mottiscia ma non ne scorgo il percorso di salita. Adesso il sole è riuscito finalmente a uscire dalle nuvole che tenevano nascosto. I suoi raggi fanno salire la temperatura…tira un vento costante che viene giù dalla bocchetta che mi sta di fronte. Non è molto freddo, ma si fa sentire, secca le labbra e congela il sudore addosso. Intorno a me solo prati che stanno ingiallendo. Arrivo alla deviazione per la forca di Aurona (Furggubaumlike). Un cartello mi avverte che sono 1500 metri sopra il tunnel del Sempione (di questi cartelli ce ne sono tanti qui intorno….). Da qui si intravede il bivacco, lassù, rosso in attesa.
Proseguo sul sentiero che adesso comincia a salire deciso ma sempre ben percorribile. Arrivo ai piedi della morena del ghiacciaio. Uno dei tanti cartelli illustrativi spiega le caratteristiche del ghiacciaio e del paesaggio circostante. Al termine della morena vi era un laghetto pieno delle acque di fusione del ghiacciaio che nel corso dei secoli è stato interrato proprio dai sedimenti trascinati a valle dal torrente che sgorga alla base del ghiacciaio. Scatto qualche foto. Mi perdo via camminando sulle lenti di sabbietta finissima trasportata dal torrente. Si sprofonda leggeri e si lasciano le impronte, sembra di camminare sull’ovatta. Comincia ora la parte più impegnativa della salita. La relazione che avevo indicava di salire sul ghiacciaio…ma il ghiacciaio latita, sfasciumi e pietre che coprono quasi interamente il ghiaccio-vetro sottostante. Evito con cura di passare sopra le lastre di ghiaccio seminascosta, cercando per quanto possibile di salire su pietre. A volte affondo in una melma grigio-marrone, soffice. Adesso si fatica a salire, sia per i continui scivolamenti che per le frequenti deviazioni dal percorso. Il bivacco sta sempre lì in attesa… Il ghiacciaio presenta numerose cavità, alcune piuttosto grandi, all’interno delle quali si intravede lo scorrere delle acque di fusione del ghiacciaio. Il rumore che fuoriesce dalle cavità è impressionante. Non mi azzardo ad affacciarmi nelle cavità…non mi fido della solidità del ghiaccio e non vorrei caderci dentro… magari mi si rovina la macchina fotografica…La parte terminale del ghiacciaio è scoscesa ed a tratti sgombera di pietrame.
Ad un tratto due escursionisti che si sono fermati poco sotto di noi si alzano e puntano risoluti verso il canalino che avevo notato dal basso… ci domandiamo dove vogliano andare… e lo scopriamo dopo un istante dopo: il canalino è attrezzato, con catene e scalette che però dal basso non si vedono perché sono su un lato seminascosto… ho faticato come uno sherpa per senza niente. Dice il proverbio “chi non ha testa abbia gambe”. Mentre finisco di mangiare ripenso alla fatica fatta per salire fin qui. Mi vengono in mente “gli spalloni” che vivevano di contrabbando trasportando le merci sulle briccolle. Ecco l’idea che mi attraversa la mente come un fulmine: scenderò al passo del Sempione.
Come facevano gli spalloni, che tanto il mio zaino è sempre pieno di ogni ben di Dio. Così ripartiamo, verso la Bocchetta. Passiamo di fianco al lago glaciale che se ne sta sopra al passo. Poco più sopra la “Cabane del Monte Leone” e la vetta della Terrarossa. Poca gente. Appena fuori dalla Bocchetta di Aurona si apre il panorama sul passo del Sempione. Bellissimo. Scendiamo per un sentiero molto agevole, ben segnato, solo a tratti scosceso. Il ritiro del ghiacciaio del Breithorn ha lasciato scoperto uno scivolo in pietra la cui vastità mi è chiara quando scorgo alcune persone che attraversano il torrente che ne solca il fondo, passando sopra un ponticello di legno. Questo posto in inverno è una meraviglia. Scendendo il sentiero, mi è chiaro perché nessuno sale dal Veglia…da qui è veramente una bella passeggiata, da là un po’ meno.
Arriviamo in fondo al sentiero e transitiamo davanti all’Ospizio, luogo di partenza di innumerevoli ascensioni sulle montagne circostanti. Il viaggio dello “spallone” si conclude davanti ad una frasca birretta al bar del passo. L’escursionista che ho trovato al bivacco mi accompagna gentilmente fino a Varzo e lì, aiutato dalla fortuna, acchiappo al volo il “prontobus” che mi porta fino a San Domenico. Viaggio divertentissimo, con l'autista che guidava come un demonio sulla stradina che porta a San Domenico, la signora col cane, la passeggera amica dell'autista. Si danno tutti del tu. Finalmente arrivo a Ponte Campo e riprendo la macchina.
Sono le sei e mezza.
Giornata lunga ma ricca di soddisfazioni
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