...questo credo che sia un buon titolo. Come da titolo del topic, non potendomi permettere una uscita di due giorni di fila, un bel WE sul ghiacciaio dell’Adamello, mi invento un decoroso ripiego, una salita sul Blinnenhorn, il Corno Cieco, sontuosa cima di 3374 m che sta in Formazza, al confine con la terra Elvetica.
Kartina Kompass n.89 Lancio l’idea e raccolgo una fittissima adesione, così alle 5.30 della mattina di sabato ci troviamo, Werewolf il brianzolo ed io, al solito parcheggio delle Sorelle Ramonda e partiamo. Il tempo sembra buono la strada corre veloce ed in un paio di ore arriviamo alla fine del bacino del Morasco. Fa bene a cuore vederlo ben pieno.
Lasciamo la macchina, la temperatura è frizzante ci sono 6 gradi!!! Però siamo all’ombra…il cielo è terso e tira una leggera brezza. La salita prevede di passare per il rifugio Cesare Mores al lago del Sabbione, il Claudio e Bruno e poi “conquistare” la vetta. Questa è una di quelle salite che mi stuzzicano, una di quelle che “rende” 400-500 metri l’ora di media, con pochi tratti in piano. Una di quelle che si “pagano” il giorno dopo…Cominciamo la salita, un cartello ci suggerisce di percorrere un sentiero alternativo. Contravvenendo alle indicazioni ci inerpichiamo sul solito sentierino erto e stretto che correndo a strapiombo sul Rio del Sabbione sottostante, porta al Baitello Zum Sad, una piccola costruzione di pietra e lamiera che si incontra strada facendo, che segna il punto in cui la salita ripida e faticosa si spezza in un pianoro che consente di “tirare il fiato”.
Riprendiamo la salita sulla pietraia a sud, sotto la Punta della Sabbia. Il sentiero è poco segnato, ma ben evidente ed io l’ho percorso molte volte. A nord la Punta dei Camosci e la sagoma del Rifugio Città di Busto, adagiato al termine dell’infinita piana dei Camosci, a est si intravede la strada che conduce al Maria Luisa ed il Corno Brunni. Faccio da “cicerone” con Werewolf che ascolta interessato. Arriviamo in breve al Rifugio Mores, il vento è ancora con noi, fresco e teso, a volte addirittura freddo…. Entriamo per un caffè e riconosco il gestore: mi spiega che passa l’inverno a Valdo (san Michele) nel centro fondo a fare assistenza ai fondisti (ecco dove l’ho già visto). Una faccetta simpatica, due occhi svegli incastonati nella fronte spaziosa e dalla barba grigia.
Chiediamo qualche informazione sullo stato della nostra meta: nessun problema particolare, potremmo incontrare molta neve e magari serviranno le ghette… ripartiamo rinfrancati, sospinti dall’entusiasmo e dal vento (sempre con noi…comincia un po’ ad essere noioso). Passiamo sopra la diga del Sabbione. Il lago non è completamente pieno e l’acqua è verdastra, piena delle particelle in sospensione che arrivano con le acque di fusione del ghiacciaio. L’Arbola occhieggia a sud, coperta da quel che resta del ghiacciaio e baciata dal sole, velato a tratti dalle nuvole spostate dal vento. Non c’è in giro nessuno, solo le marmotte che fischiano e fuggono.
Percorriamo il pendio che costeggia il lago. Ampie chiazze di neve lasciano scendere l’acqua formando innumerevoli rivoli di acqua, che a volte invadono il sentiero. Si cammina bene, la fatica non si sente. In alto sopra di noi il rifugio 3A, gestito dall’Organizzazione Mato Grosso, ci sovrasta dai suoi 2950 m . Arriviamo al Claudio e Bruno….chiuso, desolatamente ancora chiuso. Peccato. Ci fermiamo pochi minuti, giusto per bere un po’ di acqua della fontana e poi riprendiamo il cammino che da adesso in poi sarà molto più faticoso. Infatti appena lasciato il rifugio, superato un primo tratto pianeggiante, parte il sentiero che sale ripido lungo il fianco della montagna, inerpicandosi su detriti finissimi.
“Al massimo se non arriviamo in vetta ci fermeremo all’anticima “ scherza il mio socio, sapendo di mentire come nella salita al Pizzo 3 signori…. Da questo punto in poi anche io vado a “naso”: non conosco il percorso e posso solo intuirlo. Siamo già a quota 2800. Alle nostre spalle si stende lo scivolo del ghiacciaio dell’Hohsandhorn e la mole dell’Arbola. Werewolf scorge due intrepidi sul lato sud del ghiacciaio che salgono alla volta della cima. Ne seguiamo il percorso col binocolo per qualche istante. Di fronte la nostra “meta”. Seguiamo a vista gli ometti sparsi sul percorso che adesso sale che è un piacere…faticoso ma costante.
Le chiazze di neve sono molto estese, si affonda spesso fino al ginocchio. Zigzaghiamo cercando tratti di roccia e sfasciumi. Le mie racchette spariscono nella neve. Werewolf mi presta le rotelle da neve che io ho saggiamente smontato qualche settimana prima e lasciato a casa. Parliamo poco perché la pendenza lascia poco spazio alle chiacchiere e il fiato serve per camminare. Il vento è sempre presente, leggero, a tratti deciso e freddo. Saliamo fermandoci spesso a guardare il panorama. I riflessi di sole sui ghiacciai fan venir voglia di essere ovunque. Giunti a quota 3000 circa il panorama cambia radicalmente: di fronte a noi si stende un pianoro ricolmo di neve, a nord il Blinnenhorn, più a est la parte iniziale del lungo ghiacciaio del Griess e poi il Rothorn ai cui piedi si apre il passo dei Camosci. Una meraviglia per gli occhi e per il morale.
Infastiditi dal vento che ormai non ci abbandona più con le sue raffiche, continuiamo la salita, confortati dalla vista di altri escursionisti che stanno appollaiati sulla cima dl Blinnenhorn. Non si scorgono altre tracce di passaggio “saranno sfizzeri” ci diciamo “se ci sono arrivati loro ci arriviamo anche noi…” La “tigna” che spesso accompagna le mie escursioni comincia a fare capolino. Werewolf si attarda un po’ a fare foto, io proseguo. La fatica e la quota si fanno sentire. Gli escursionisti nel frattempo cominciano a scendere. Ci incontriamo a metà dell’ultima rampa. Sono brianzoli. Scendono perché il vento in quota è fastidioso. Sono saliti passando dal 3A e dal Passo dei Camosci. Ci chiedono indicazioni per scendere dal Claudio e Bruno.
Un saluto rapito dal vento che adesso soffia con insistenza. Si riparte, la neve è veramente una schifezza…la vetta è vicina, vicinissima. Mi fermo a far qualche foto a Werewolf che sale poco dietro. Eccomi in cima. Mi cambio in fretta perché il vento tira che è un piacere e sono già infreddolito. Un curioso tavolo in pietra ed un trespolo metallico assieme ad una croce in legno poco distante “decorano la vetta”. Il panorama attorno è una meraviglia: la parte più impressionante è il magnifico ghiacciaio del Griess che si stende, in direzione nord-est, fino al lago omonimo. Ad est si intravede il lago Kastel sovrastato dalla mole del Basodino, a sud est la “catena” di Ban con i due laghetti, uno quasi vuoto e l’altro ricolmo di blocchi forniti dal ghiacciaio sovrastante. A sud l’onnipresente “Arbola” ed in lontananza il Diei e Cistella. Intorno l’occhio si perde all’infinito.
Siamo molto fortunati, il tempo regge bene e le vette a noi più prossime sono sgombre di nuvole. A nord grosse nubi veloci e bianche coprono molte delle cime più lontane. Arriva anche Werewolf. Facciamo qualche foto e decidiamo che non val la pena di stare lì a prendere freddo e vento. Scenderemo qualche metro e ci fermeremo a mangiare in un posto meno ventato. L’altimetro segna un dislivello di 1600 metri…la temperatura viene “indicata” dalla presenza dei ghiaccioli sui bordi della croce in legno…la discesa si svolge lungo lo stesso percorso della salita. La neve adesso a dispetto dell’ora avanzata si è fatta crostosa sotto l’azione del vento. Quando arriviamo al pianoro incontrato salendo decidiamo di variare percorso e scendere passando dal ghiacciaio del Sidel (o dei Camosci) dal quale erano saliti i tre escursionisti brianzoli. Puntiamo risoluti verso il passo dei Camosci. Quando arriviamo il vento è talmente forte che si fa fatica a stare eretti: l’imbocco della discesa sul ghiacciaio è molto ripida ed il terreno poco consistente.
Non ci fidiamo a scendere, soprattutto per il vento che potrebbe farci perdere l’equilibrio. Torniamo indietro a malincuore. Sono le due e non abbiamo ancora mangiato. Passando per qualche pendio di sfasciumi siamo di nuovo sulle tracce della mattina. Scendiamo rapidi fino al rifugio Claudio e Bruno. Abbiamo fame ed io ho anche sonno…al rifugio mangiamo, io schiaccio un pisolino sui gradini in pietra scaldati dal sole. Ci rimettiamo in marcia lungo il lago, facciamo qualche foto alle innumerevoli marmotte che ci hanno accompagnato per tutta la giornata. In breve ritorniamo al Rifugio Mores. Ci fermiamo per un caffè ed una foto col gestore “i due che salivano all’Arbola hanno rinunciato…” ci dice. Peccato, però ci conferma che la salita è fattibile in giornata ed io, golosamente, annoto…ricominciamo a scendere, in silenzio, pensando alle nostre gambe che ci hanno portato a spasso da stamattina alle 8 senza sosta.
Poco più avanti del Baitello Zum Sad si scorge la nostra macchina “Talassa talassa” mi viene da dire…alle 7 di sera mi lavo in un torrente e mi asciugo con il mio fantastico “asciugamano tecnico”. L’acqua gelida mi dà una sferzata di energia e mi sveglia adeguatamente per affrontare il viaggio di ritorno. Bella salita, che merita tutta la fatica necessaria. Certo la fatica si paga e adesso mentre scrivo, pago!! Alla fine della giornata l’altimetro segnava una salita di 2030 metri ed una discesa di 2038!!! Mi rimane solo il rammarico di non aver pensato di poter scendere attraverso il ghiacciaio del Gries.
Ringrazio come sempre tutti i partecipanti, in particolare Werewolf…
A proposito…Haldo 64: se non lo avessi conosciuto di persona a gennaio…penserei che sia un clone!!
Rileggo sul mio “personale taccuino” che l’Arbola si fa in giornata e comincio ad elaborare…
Alla prossima
Trek
Caaaaaaaaaaspita, che bella cima......
Maaaaaaa è tanto lunga a salire?
Maaaaaaa una funivia che sale da dietro, non c'è?
Maaaaaaa non c'era un sentiero con meno su e giù?
Maaaaaaa chi glielo fa fare ad uno di alzarsi alle 3 del mattino, dalla ridente Brianza, per farsi queste robe in giornata?
Bella l'idea del sito, è già finito nei preferiti. Bravo Trek.
Scritto da: Polmone spompato | 21 settembre 2007 a 22:33